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Un podista racconta

Prima conoscenza a Castel Madama, da amici della montagna: con il suo modo asciutto, sereno e civilissimo di comunicare. La conoscenza sul campo, però, c'è stata sul Velino.

Nella torrida estate salivamo sbuffando nuvole di sudore lungo il vallone di Sevice (causa non ultima della nube temporalesca postprandiale tipica del Velino). Veniva su in scarpe da corsa, pantaloncini e maglietta, in allenamento. Due parole (dove vai, a che ora ti sei messo in moto, ecc.), poi è ripartito diretto al Velino: a saltelli corti e frequenti non sembrava che corresse, ma si allontanava rapido. Poco dopo, ristorati alla fonte di Sevice, lo incrociamo in discesa: facendo due conti a spanne, era salito in circa 1 ora e 40 minuti. "Come fai ad andar su senza cibi e bevande?" "Devi mettere tutto dentro prima". I suoi nemici sono i cani: vedendolo correre pensano che stia scappando, e incoraggiati lo inseguono.

Michele Iori detto Lino, il "barba". Campione italiano di corsa in montagna tra i "mastri" con più di 45, di 55 e di 60 anni. Primo atleta più anziano in varie maratone estreme, corse internazionali d'alta quota e affini. Inventore della maratona estrema di circa 75 km da Campo Staffi a Castel Madama, passando per i monti Simbruini, Ruffi e Tiburtini. Adesso ha pensato di fare il punto in un libro in cui racconta "Escursioni e corse in montagna, passioni della mia vita!"

C'è tutto. Il ragazzo che, nei magrissimi anni '50, scrive ai Comuni oltre i mille metri, chiedendo cartoline e mettendo in busta i soldi per i francobolli della risposta. L'attrazione fisica per la neve, le prime emozionanti scarpinate sui monti Prenestini e sull'Appennino abruzzese.

Il lavoro sulle Alpi al passo del Foscagno, allo Stelvio, in Valtellina, nelle Alpi retiche al passo di Càmedo. E l'innamoramento: lui latino con un nome ebraico, con una ragazza della Val Màsino con un nome latinissimo, Alma. I 35 e passa chilometri con 2500 metri di salita che si faceva di corsa, per andarla a trovare (altro che 20 chilometri al giorno, 10 all'andata e 10 al ritorno!). E il matrimonio in una chiesetta di montagna in alta quota "tra boschi e rupi a picco".

Poi il nostos al paese (sempre faticoso, narra la tragedia greca), il lavoro in fabbrica tra "fumi densi e catene di montaggio", il fascino rinnovato dei monti Simbruini e dell'Appennino, l'incanto liberatorio della montagna ("la domenica c'era sempre un luogo nuovo da scoprire e un traguardo da conquistare") che salva e lo trasforma nel gran podista. E le emozioni della corsa in altura, anche non competitiva, quel "moto spirituale" che, come rammenta Fosco Maraini, "va dal cuore verso le stelle".

testo di Mauro Ferrara, foto tratte dal libro "Escursioni e corse in montagna, passioni della mia vita!" di Michele Iori, pubblicate per cortese concessione dell'autore

Passo dello Stelvio (1962)

Allo Stelvio (1962)

Passo di Càmedo, sullo sfondo il Pizzo Bernina (1963)

Valmàsino Sondrio, la grande corsa sul Sentiero Roma (1998)

Maratona dei Monti Ernici e Simbruini (2004)

Monte Velino (2004)