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Val Canneto - Serra delle Gravare - Val Fondillo: traversata dalla Madonna di Canneto a Opi

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


Ma che cos'è ? Un cementificio ? La domanda nasce spontanea quando, superata l'ultima stretta curva della ripida strada che risale da Settefrati alla Val Canneto, appare ai nostri occhi l'enorme cubo grigio del santuario della Madonna di Canneto, più simile ad un impianto sportivo che a qualsiasi tipo di edificio di culto. Passiamo davanti alla facciata antica, unico reperto dell'originaria bellezza, intrappolata in questa sorta di organismo geneticamente modificato, vero pugno nell'occhio nel cuore di una vallata dal fascino alpestre.

Fioritura del Maggiociondolo

Parcheggiamo subito dopo, ammirando i cupi fianchi boscosi che serrano la valle, sormontati dalle rocce verticali della Torretta del Paradiso, contrafforte meridionale della Meta. Prendiamo a salire lungo la sterrata che si inoltra nella vallata, circondata da fioriture pendule di Maggiociondolo e rigogliosi cespugli di aquilegia e belladonna.

Dopo poco la strada si affianca al torrente, dall'alto, concedendo di tanto in tanto piacevoli vedute sul suo corso sinuoso: appaiono fresche cascatelle, forre dai fianchi scivolosi, marmitte e pozze di acqua cristallina. Il percorso è abbastanza banale, ma piacevolmente fresco, senza grandi vedute sulle creste che cingono la valle su entrambi i lati.

Esemplare di Salamandra pezzata

Deve aver piovuto recentemente, il fondo è umido, segnato qua e là da pozzanghere fangose: presso una di queste vengo bloccato da un urlo disperato: "Attento ! La salamandra !"; senza capire minimamente guardo a terra, a pochi centimetri dai miei scarponi: uno splendido esemplare di salamandra pezzata giace a terra immobile, scrutando le nostre ombre; ha il corpo nero e viscido, terragno, chiazzato da vistose macchie giallo-aranciate che dissimulano anche la posizione degli occhi, nel complesso misurerà almeno venticinque centimetri.

Approfittando della calma sopraggiunta, l'anfibio si allontana goffamente - con un andamento simile a quello di un sauro o di un coccodrillo - fino a nascondersi nel sottobosco umido. Proseguiamo spediti, lungo la carrareccia, sino a raggiungere una radura dove il corso del torrente si fa lento e impercettibile: siamo ai ruderi del Casone Bartolomucci. Finalmente è possibile dare un'occhiata alla lunga dorsale del Petroso e del Tartaro, dall'altra parte della valle, e sulle rocce della Rocca Altiera, alle nostre spalle sopra l'imbocco della valle.

Cascate lungo il corso del Melfa

Ora la strada volta bruscamente a sinistra,  e dopo una breve salita si raggiunge un bivio: la strada principale sale a destra verso i Tre Confini, il Passaggio dell'Orso e Forca Resuni; noi invece prendiamo la diramazione di sinistra che si inerpica nel bosco verso i rilievi delle Gravare.

Il percorso si fa subito impegnativo, vuoi per il fondo sconnesso e ingombro di rami e tronchi abbattuti, vuoi per la rarità dei segnali (rossi) ad indicare la via. Spesso gli scarponi vanno a pestare diaboliche ramaglie che, flettendosi e contorcendosi come corpi vivi, vanno ad infliggere sonore scudisciate sui polpacci dei malcapitati.

Salendo al crinale delle Gravare

La traccia è abbastanza dubbia, tuttavia bisogna cercare di seguire una specie di stretta incisione, verosimilmente causata dalle piogge stagionali, che segue il fondo del complesso vallone: l'ambiente è davvero selvaggio, uno di quei boschi dove sembra non sia mai passato nessuno da sempre;

l tetto del bosco è molto alto e fitto, e non lascia percepire la distanza fra noi e le praterie sommitali, anche ai nostri lati gli alberi sono talmente fitti che presto la visuale sfuma in una cortina impenetrabile di scuri tronchi, sul terreno si accumula il fogliame secco già marcescente per l'umidità del terreno.

La Camosciara dal Monte Irto

Un aumento di ripidità del fondo fa intuire la vicinanza della luce ... scorgiamo anche le prime chiazze residue di neve, ad indicare che la quota va aumentando. Quando ormai siamo abbastanza stufi del percorso, riusciamo ad uscire dal bosco, sbucando sui pratoni della dorsale che dalle Gravare scende a sud verso la Rocca Altiera. Ecco i primi fiori dopo ore di fogliame marrone putrescente: genziane e genzianelle, viole, timidi narcisi e qualche pulsatilla ondeggiante al vento. La Serra delle Gravare è la catena verdeggiante che corre perpendicolare alla nostra direzione, dalle creste del Monte San Nicola a ovest, sino al cocuzzolo del Monte Irto a est.

Guadagniamo il filo della cresta, superando l'elevazione senza nome che ne costituisce il punto più alto, per poi scendere verso il crinale delle Gravare. Prima di calare al valico che immette nella Val Fondillo, decidiamo di portarci sulla cima del Monte Irto, per godere della visione ravvicinata sulle balze della Camosciara: il sentiero è segnato e si inoltra a saliscendi lungo la cresta; raggiunto un intaglio piuttosto ampio, possiamo volgere lo sguardo al brecciaio sottostante, affacciato sulla Val Cacciagrande e sul Monte Amaro di Opi.

Nella faggeta colonnare ...

Fra le brecce grigiastre notiamo alcune macchiette marroni, impercettibilmente mobili: è un piccolo branco di camosci che si riposa al limite del bosco, scorgiamo alcuni esemplari rivolti verso di noi, intenti ad osservarci con il capo tipicamente inclinato da un lato. Proseguiamo in ripida salita, fra ampie macchie di scuri ginepri, punteggiate inaspettatamente di magnifiche colonie di giglio rosso. Finalmente raggiungiamo la vetta, splendido balcone sulla Camosciara e sulla catena del Petroso, sino alla mole trapezoidale della Meta.

Di fronte a noi le insolite vette del Capraro, dello Sterpi d'Alto,dei Tre Mortari disegnano una linea ardita contro il cielo, contrastando l'azzurro limpido, screziato di morbidi cumuli vaporosi, con il verde cupo dei ginepri e dei mughi. Mentre ci concediamo un lauto pranzo, i morbidi vapori di pochi minuti prima vanno addensandosi in ammassi grigiastri, spinti dal vento contro i rilievi a noi prossimi: in lontananza il Marsicano sparisce pian piano fra le nebbie, e già sul Fondillo minaccia il solito temporale estivo.

Lungo il torrente Fondillo

Ci rimettiamo in marcia, verso il Valico delle Gravare, bagnati da poche gocce sospinte da un vento piacevolmente fresco. Giunti al valico non resta che calare per brecce nella Val Fondillo, il temporale sembra non voler esplodere e ormai siamo quasi al riparo dei boschi. Il bosco della Val Fondillo è assai meno selvaggio di quello attraversato in mattinata, pesantemente modellato da vistose operazioni di taglio: tuttavia si caratterizza per la presenza di piante estremamente alte e slanciate. Possiamo calare in fretta, senza molte distrazioni, così in breve raggiungiamo la fonte dell'Acqua Sfranatara: qui le sottili vene d'acqua che sgorgano in più punti dal grembo calcareo della montagna vanno unendosi in torrenti sonori che si fanno strada nel letto di foglie morte dei faggi.

Lasciamo sulla destra il bivio per il Passaggio dell'Orso e la Grotta delle Fate, e in breve raggiungiamo, lungo una carrareccia, il fondovalle del Fondillo. Qui l'ambiente è assai diverso da quello osservato lungo il corso del Melfa, in Val Canneto: il torrente scorre lento, quasi in piano, distribuendosi in larghezza; anche la vallata è più ampia, con vaste radure punteggiate di grossi cespugli di cardo.

Lungo le sponde del fiume crescono salici dalle foglie di un verde tenerissimo, più lontano sembra di distinguere anche sparuti gruppi di pioppi. Ci volgiamo un attimo ad ammirare ancora la Serra delle Gravare, che qui mostra il suo lato migliore, roccioso e compatto, culminando nel rilievo acuminato del Monte Irto. In direzione opposta, come una quinta oltre lo sbocco del vallone e la confluenza del torrente nel Sangro, si innalza maestoso il massiccio del Marsicano, con ripide praterie e scoscese pareti di rocce inviolate. Il sole va calando, e inonda man mano le vette circostanti della sua luce più calda e avvolgente, fa brillare gli steli dorati delle erbe secche nei prati, arrossa le distese erbose in lontananza, che già virano verso il giallo riarso dell'estate.

In breve siamo al parcheggio, presso la vecchia fornace, non rimane che ristorarci seduti lungo la placida sponda del torrente, placando nelle acque dai riflessi verdi e celesti quest'ultima visione di fuoco.