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Monte di Valle Caprara (1998 m), dal Passo del Diavolo

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


La Torre di Sperone occhieggia snella dall'alto delle rupi sassose, ogni volta che la strada piega verso est, seguendo le svolte tortuose che salgono al Passo del Diavolo; ai lati sono muretti di neve compatta e candida, e oltre un mosaico di piccoli prati, macchie di bosco, dirupi coperti di neve e punteggiati da innumerevoli tracce della vita notturna e invisibile degli animali. Attraversiamo il borgo deserto di Gioia Vecchio, assiepato attorno alla chiesa cinquecentesca e siamo al passo, accanto al rifugio omonimo.

La dorsale del M. di Valle Caprara

E'un ottima giornata, l'aria è limpida, il sole splende e l'innevamento è abbondante, la nostra meta si adagia possente davanti a noi, a dominare le sorgenti del Sangro con una lunga dorsale solcata da due circhiglaciali poco accentuati: una presenza tutt'altro che secondaria. Prendiamo la carrareccia che oltrepassa il rifugio e si allunga ai piedi del Monte Turchio, inforchiamo subito le racchette da neve, e non se ne parli più; scendiamo all'accesso del Parco, lasciando sulla destra la sterrata per la Cicerana, infilando una breve gola ombrosa e gelata per poiriuscire all'assolato.

Tra noi e la dorsale del Valle Caprara si apre un'ampia depressione coperta in parte dalla faggeta, ma non è là la nostra via: pur sembrando più diretta, l'attraversamento del bosco e la risalita lungo i circhiglaciali non sono assolutamente consigliabili; piuttosto dobbiamo imboccare la stretta gola che si incunea fra l'estremità destra del monte e la pendice estrema del Marcolano: il Vallone Lampazzo.

Nel Vallone Lampazzo

Seguendo la sterrata scendiamo a larghe svolte verso il fondo della depressione, ove lasciamo la strada proseguendo sulla destra sul sentiero T3. All'imbocco del vallone il cambiamento di clima èrepentino: la gola è tutta "all'appacena", completamente in ombra e oltretutto attraversata da una corrente "polare" che ci suggerisce di appesantire subito l'abbigliamento.

Nel Vallone Lampazzo Sostiamo accanto ad un enorme masso che fa un pò da ingresso alla forra e, indossati guanti e berretti, ci infiliamo dentro. Ed è proprio come chiudere un portone alle spalle, l'isolamento del vallone è magnifico, la neve altissima ricopre ogni asperità e nasconde il corso tortuoso del torrente Lampazzo, il silenzio è assoluto e laluce del sole, filtrando attraverso la ragnatela dei rami spogli dei faggi, crea ricami di luce sulla superficie cristallina della neve. I fianchi del vallone sono carichi di neve e fanno un pò impressione, ma fortunatamente non sono molto alti o ripidi e non vi sono tracce di slavine o smottamenti.

Radura ai piedi del Marcolano

Come sempre accade, in inverno, il fondo nevoso è unlibro aperto che narra le tormentate vicende notturne del bosco: il vagare incessante delle volpi, il passo pesante e affannato del cinghiale, i saltelli rapidi dei piccoli fringuelli... All'uscita del vallone ci attende uno spettacolo altrettanto incantato: l'ampio pianoro ai piedi del Marcolano completamente immacolato, di un candore accecante che quasi dispiace lasciarvi le nostre tracce.

Osservando la superficie del manto nevoso si nota un consistente strato di cristalli irregolari accresciutisi nel gelo della notte, che forma una sorta di farina vitrea, di colore cangiante. Proseguiamo ancora nelbosco, lungo una pista intuitiva - anche se i segnali sono ormai invisibili, coperti dalla neve - e confermata dalle piste degli animali che, molto spesso, conoscono la nostra strada meglio di noi. Ai piedi di un grosso faggio coperto di licheni cadenti, un nugolo di impronte "canine" evoca un'accesa zuffa notturna; nello stesso momento incontriamo due fondisti di Pescasseroli, provenientida un altro sentiero sulla destra, e ci interroghiamo sulla possibile appartenenza delle orme a qualche lupo di passaggio.

Veduta sul vallone dalla cresta sommitale

Come al solito la risposta è che si tratta di "cani": è come se la figura del lupo sia rimasta, nell'immaginario collettivo, come qualcosa di diabolico, misterioso e sfuggente, e sembra che tuttiabbiano timore di rievocarla; eppure, non mi sembra molto ragionevole che un cane - quando anche fosse un randagio rinselvatichito - si spinga in alta montagna piuttosto che girare attorno ai paesi, e non appare così strano che qualche lupacchiotto vada in giro in cerca di cibo e si azzuffi con una lepre o con un piccolo cinghiale. Scacciato via il fantasma del lupo, proseguiamo in una breve radura per riprendere subito un vallone ghiacciato che piega sulla destra e risale abbastanza inserrato.

Alla fine, raggiungiamo l'ampia radura compresa fra il Valle Caprara, lo Schiena Cavallo ed il Marcolano, di qui è possibile imboccare il Vallone Cervara e riscendere ai Prati d'Angro, poco prima delrifugio, nei pressi del primo fontanile. Spostata sulla sinistra è la sella boscosa (sella Lampazzo) da cui si attacca la cresta del monte. Dobbiamo scegliere la via più congeniale per risalire le poche centinaia di metri nel bosco che ricordiamo, da un'esplorazione fatta in estate, piuttosto ripido. Purtroppo non è la nostra giornata fortunata e ci spostiamo troppo sulla sinistra, ai margini diun fosso, dove la neve è veramente troppa e la pendenza e l'inclinazione variabile del terreno rendono l'uso delle ciaspole controproducente.

Panorama sulla Valle del Sangro

Ci rendiamo conto che le racchette non consentono affatto acrobazie sui traversi, che implichino movimenti di rollio del piede e della caviglia: e così è un affannoso incedere nella neve, agguantando i rami deglialberi, mulinando i bastoni e le piccozze, sprofondando e riemergendo da veri e propri "pozzi della neve". Lo strappo del bosco ci costa veramente tanto, ma alla fine raggiungiamo il filo di cresta: qui la neve è semi ghiacciata e ci dobbiamo fermare per togliere le ciaspole ed infilare i ramponi. Dopo una breve sosta, seduti sui roccioni scaldati dal sole che ora picchia veramente,risaliamo lungo il filo, verso la cresta sommitale che corre sul margine dei circhi glaciali.

Alle spalle si innalza la cresta affilata dello Schiena Cavallo, visibilmente ghiacciata in più punti, e poi i rilievi della Serralunga, oltre il Marcolano, la Rocca Genovese e la depressione allungata dellaVallelonga. Finalmente siamo in cresta, non si tratta di un'impresa alpinistica ma è bene fare attenzione al ghiaccio e avere dietro tutti gli attrezzi necessari (anche se il peso della ferraglia si fa sentire sulla schiena).

La miglior veduta è sulla Valle del Sangro, sul Marsicano gonfio di nevi e sui rilievi lontani della Camosciara, del Petroso e della Meta, che si stagliano candidi e immobili nell'azzurro puro del cielo invernale. Ecco là, a sud ovest, il Serrone ed il Balzo di Ciotto, il Tranquillo e la Forca d'Acero, con il pianoro della Macchiarvana. E poi la lunga Serradella Terratta, ad est, ed oltre la Majella, bianca di purissime nevi. Siamo stanchissimi, per la lunga lotta con la neve nel bosco e per il carico eccessivo che ci siamo portati dietro, per fortuna Mauro ha con se un irripetibile parrozzo fatto in casa, a suggello dell'impresa.