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Il Coppo dell'Orso ed i Tre Confini (1992 m)

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


Già da due giorni un forte vento da ponente sferza le dorsali boscose dei Simbruini e la domenica mattina, al risveglio, è ancora sostenuto: si prospetta una giornata piuttosto fredda, nonostante siamo oltre la metà di giugno. L'appuntamento è a Carsoli, come di solito, saimo appena in tre; neanche la tradizionale sosta al bar e siamo già in autostrada, in direzione del Fucino: l'aria è un pò tesa, c'è delusione per la scarsa partecipazione ad un'uscita che si promette interessante e fuori dalle solite rotte.

Le alture del M.Marcolano

Giunti di fronte alla vasta depressione del Fucino, gli animi si rasserenano, il Velino è dietro di noi, segue la snella e aguzza sagoma della Serra di Celano e la brulla spianata del Sirente, a destra il Viglio occhieggia sopra le estreme propaggini dei Simbruini, ammantate di verde. Aggiriamo Avezzano e Trasacco poi, fra campi appena mietuti, ci introduciamo nella Vallelonga fino a Collelongo; una sosta per la colazione e poi via oltre Villavallelonga verso i Parti d'Angro.

Superata la Madonna della Lanna, giriamo a destra per una sterrata tra i faggi, sino alla fonte Astuni, nei pressi di un rifugio. Da qui si prosegue a piedi: riempiamo le borracce alla limpida fonte e poi imbocchiamo il sentiero alle sue spalle. Procediamo in ripida salita, un pò verso sinistra (sud) per evitare un tratto difficoltoso, poi pieghiamo verso ovest in un bel bosco di faggi, seguendo il crinale che separa due valloni adiacenti, su traccia di sentiero poco marcata.

Il rifugio del Coppo dell'Orso

Non sembra di sentire molto movimento intorno: solo qualche uccellino, ma l'incontro con la fauna è sempre un evento raro.La salita comincia a farsi un pò noiosa, poi scorgiamo una radura un fuori sentiero e vi ci dirigiamo per una breve deviazione, finalmente scorgiamo, dala basso, la meta della nostra camminata: la costiera rocciosa che chiude l'imbuto del Coppo dell'Orso (in Abruzzo, il toponimo 'coppo' indica un terreno concavo). Ci sono poche fioriture in giro, sembra che la stagione qui sia già inoltrata, eppure i prati sono molto verdi, a testimonianza di frequenti precipitazioni.

Proseguiamo nel bosco e poi su un crinale sassoso, finalmente siamo in cresta e raggiungiamo il rifugio di Coppo dell'Orso (informazioni e chiavi presso la sezione CAI di Trasacco). Il vento è molto forte, proviamo ad affacciarsi verso nord-est, ma il gelo ci respinge al riparo del rifugio. Si riparte in salita, sul filo di cresta, ci affacciamo verso la valle Roveto, una desolata pietraia si estende ai nostri piedi, verso il Monte Breccioso.

Panorama sul Marsicano e il Balzo di Ciotto

Oltre il profondo solco scavato dal fiume Liri, la catena degli Ernici, fittamente coperta di boschi selvaggi, riporta un pò di dolcezza nel paesaggio: in primo piano, il triangolo verde di Pizzo Deta, da cui scendono incassati valloni rocciosi.

Genziane sfiorite e qualche ranuncolo popolano le vallette più riparate, finalmente siamo in vetta all'elevazione dei Tre Confini. Ci sediamo ad ammirare lo spettacolo: neanche una nuvola per chilometri e chilometri di cielo limpidissimo, il forte vento ci ha regalata una giornata ineguagliabile; di fronte a noi c'è tutto l'appennino centrale: il Terminillo, il Gran Sasso e la Laga, il Velino ed il Sirente e la costiera uniforme della Majella.

Il "campo di grano" con la cresta della Brecciosa

Sotto i nostri occhi si diramano le complesse dorsali dei Monti Marsicani: il Serrone, la Camosciara, il Petroso, il Marsicano sopra la valle del Sangro, ed ancora la Serra delle Gravare e la Meta. A sud, i rilievi del basso Lazio sfumano in lontananza ed in fondo, impercettibile, si scorge (ma forse è solo un'impressione) la sagoma del Vesuvio. Questo susseguirsi di catene, valli, cime e creste tormentate a perdita d'occhio, immobili in una calma ed un silenzio sopprannaturali, ci ricorda i versi di Leopardi, e forse comprendiamo per un attimo quella intima ineffabile sensazione di infinito.

Un lauto pasto ed è già ora di ripartire, scendiamo veloci discutendo di montagne e sviluppo turistico, ci chiediamo come mai risore naturali così preziose, quali quelle dell'appennino centrale, siano così scarsamente valorizzate, quando non sono addirittura deturpate o distrutte; anche questa porzione di Parco Nazionale, così affascinante e selvaggia, è sconosciuta ai più, ai turisti distratti che si concentrano solo nei dintorni di Pescasseroli.

Ma forse la scarsa conoscenza è garanzia di sopravvivenza per molti ambienti naturali, quando non si trasformi in disaffezione e abbandono, preludio di una inevitabile distruzione: è un discorso vecchio. Tornati al rifugio, una piccola sorpresa: un amico della locale sezione del CAI ha aperto il rifugio e ci attende. Ci ristora con un pò di salsicce e dell'ottimo vino rosso, poi tutti insieme riscendiamo a valle, a concludere la giornata davanti ad un caffè caldo.