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Sotto i Giganti ... passeggiata ai piedi di alcuni colossi dell'Appennino

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


Salendo verso Campo Imperatore alberi arbusti ed erbe violentemente torti dal vento ci facevano presagire il gusto particolare dell'escursione alla mercè di folate così ostinatamente violente. Poggiati i piedi a terra, uscendo dalle macchine parcheggiate in prossimità dell'osserva-torio astronomico, presi da una sottile ansia inforcammo scarponi e zaini e ci avviammo.

Affaccio su Campo Pericoli

Allo scoperto del riparo delle vetture la spinta impetuosa dell'aria ci tolse il fiato e l'equilibrio, pantaloni e camice vibravano violenti come piccole vele spostando i nostri corpi che si opposero a cuneo per resistere meglio a quella forza della natura.

Venti così sono rari e pensavamo con preoccupazione ai seppur brevi passaggi di cresta in balia di quelle onde d'urto invisibili, ai polverii fastidiosi sollevati che ci avrebbero accecato nel traversare ripide e profonde brecce di pietrisco e terra fine, ma partimmo. Il percorso previsto (vedi carta del Gran Sasso Cai Aquila sentieri 1 e 2) lasciava però margini di speranza perché era quasi tutto all'interno del gruppo, camminava in alcuni profondi valloni a riparo da quelle enormi mani che avvolgevano i nostri corpi e cercavano di spingerli verso cadute incontrollate.

Veduta sul Corno Grande

Siffatto vento proveniva da nordest e recava con se nuvolaglie minacciose che, trovando ostacolo nelle cime dei Corni, lì sopra stanziavano livide e quasi indispettite non riuscendo a scendere verso i valloni Venaquaro e Maone sopra e dentro i quali si sarebbe sviluppato il nostro camminare. Già scendere sul sentiero diretto alla Portella recò giovamento alla nostra ansia, e l'avvicinamento al valico omonimo fu veloce mentre osservavamo perplessi altri escursionisti che camminavano sulle creste verso altri traguardi, sicuramente vigili nel non consentire a quel demonio invisibile di profittare di passi squilibrati e incerti. Superammo il valico e risalimmo, ora allo scoperto anche noi, per breve tratto, fino alla sella superiore oltre quota 2300m dalla quale dipana il sentiero 1V.

"Gustammo" in quel breve tratto la spinta laterale dell'Eolo furioso, attenti a chiudere bene i passi sospesi su profondi pendii. Valicammo lesti e ci ritrovammo, finalmente zittito il vento, sull'altro versante, sopra malevoli brecce, ripidissime e sommamente sdrucciole alla base delle quali s'apriva il verde smeraldo di una vallecola corrente sopra la Val Maone.

Sotto le rocce del Cefalone

Era un luogo si segnato nei sentieri come detto, ma poco praticato, che evocava in un assoluto silenzio la voce misteriosa della montagna. Qualche difficoltà a scendere per il brecciao l'avemmo ma, tutti salvi, fra massi instabili e nel brillio del sole sui grandi banchi di neve in fusione, alla fine solleciti riprendemmo il passo calpestando incerti sentieri, sotto la vertigine del Monte Cefalone e sopra verdi e fiorite vallette che declinavano nel fondovalle.

Il vento era una memoria, noi in un piccolo eden mentre sui Corni s'aggirava uno scuro nuvolame rabbioso, torbido. Superata una breve, piccola difficoltà tecnica che dovrebbe però essere messa in sicurezza, con due strappi successivi, brevi ma ripidi, faticosissimi e su terreno privo di tracce, giungemmo alla sella del Cefalone dove meglio osservammo davanti noi l'imponenza piramidale dell'Intermesoli, il picco sud, il più alto (2635m) battuto dal vento, fantasma di polveri sotto lo scuro delle nuvole del Gran Sasso. Quasi una visione apocalittica, di rara grandiosità. Sulla nostra sinistra sorgeva intanto, dal Vallone Venaquaro, Monte Corvo con la sua lunga schiena, altro colosso (2623m) che ci avrebbe tenuto a lungo compagnia.

Fioritura di Pulsatille

Il passaggio sulla cresta, appena echeggiante il vento, verso i piedi dell'Intermesoli, fu rapido, quasi pianeggiante anche se negli ultimi tratti il sentiero si apriva a ventaglio sulle terre della pancia ovest del crinale e per brevi saliscendi conduceva planando leggermente alla Sella dei Grilli, il cuore della nostra escursione(quota 2220m).

Sedemmo sotto una codigliera di piccole rocce ai piedi dell'Intermesoli con davanti il Corno Grande e il Piccolo, osservati per quasi 1500 metri di slancio, immani placche e vertiginosi, contorti pietrami "raschiati" dal ghiaccio in una sovrapposizione infernale di abissi strapiombanti! Una visione da diventar paonazzi per il timore! Noi, men che nani, attoniti ai piedi di alcuni colossi dell'Appennino, i maggiori, in muta contemplazione, soggiogati da quell'universo di forza e silenzio, nella luce, fra i colori!

Fioritura di Doronicum Columnae

Ci apprestammo a rifocillarci brevemente quando avvertimmo scendere dalle cime dei Corni il battito dell'ala di un elicottero. Perché?! Dopo il breve pasto cominciammo a scendere verso la Val Maone; sopra noi intanto, sconfitti dalla ripidità del tracciato (da mettere anche questo in sicurezza) e dal fosco che lassù aleggiava, altri nani, quasi in fuga, scendevano veloci per le brecce della parte sommitale del'Intermesoli (è l'impennatissimo, rischioso - nella parte finale - sentiero 1b).

La prima parte della nostra discesa (segnale n.1 della carta Cai) fu agevole su tracciato pulito e ben segnato ma nell'avvicinarsi alle coste del monte il sentiero era stato invaso dalle rocce in perenne frantumazione dalle balze dalla Sella dei Grilli e che ne avevano invaso la sede rendendola insidiosa, difficile.

L'Intermesoli dalla Val Maone

Arrivammo comunque verso l'assolato fondo valle, su un declivio verdissimo dal quale, come una rasoiata, un piccolo, nettissimo e ben inciso passo risaliva dritto verso la Portella. In quel luogo affossato la furia del vento era un lontano ricordo, altissime quinte di pietra ne arginavano, vincendolo, l'urlo. Maree di arniche si piegavano al nostro passo. Sui Corni batteva la minaccia delle nuvole, batteva ancora l'ala dell'elicottero.

Nella lunga, profondissima valle profilata ad U, soggiogati dalla impressionante potenza di quelle altissime vette, la risalita fu rapida nonostante la lunghezza e il discreto dislivello da coprire; la tracciolina confluì alla base della val Maone da dove un sentiero a svolte agevoli e ancora innevate, ci lancio' con una lunga tirata finale a riguadagnare il transito della Portella. Risalendo il sole, con luce quasi orizzontale, ci spingeva dietro le nostre lunghe ombre verso il passo, il mugolio del vento aumentava in progressione ma, svalicando ci accolse con "respiro" placato, la sua forza si era affievolita.

Roteava ancora l'elica, ne sentivamo l'eco mentre con lena impegnavamo il tratto finale del percorso. Nella nostra mente, quell'uccello di ferro che volteggiava insistentemente sulle vette aveva aperto un varco all'ansia, al timore. Allo giungere alle macchine insieme al vento era calato anche l'elicottero, il soccorso alpino, una barella, una nuova amarissima! Il Moloch di pietra aveva "riscosso" il prezzo da chi, nell'ardimento, aveva osato sfidare la sua terribile bellezza! Calava il sole, un pesante velo di pena calava nell'anima.