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Il Viaggio sul Murolungo (2184 m)

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


Lasciata l’autostrada all’uscita Valle del Salto, volgiamo a sinistra verso S.Anatolia, e dopo qualche minuto ancora a sinistra impegniamo una sterrata che attraverso prati ci conduce ai piedi del Morrone. In breve siamo alle prime case di Cartore. Cominciamo a camminare salendo verso una spettacolare fenditura che apre in due la costa del monte e separa il Morrone dal Murolungo fin dalla base. Ci chiediamo come si possa salire per quel taglio, ma andiamo seguendo precisi segnali.

L'imbocco della Valle Fua

L’avvio è lento, non tira l’ombroso sentiero che sale entro un canale ancora largo, superiamo una breve breccia poi il passo s’impenna, un terriccio sdrucciolevole rallenta il cammino, ora andiamo per un breve tratto piano, le pareti dei due monti si avvicinano mentre salendo abbiamo pescato più luce.

Continuiamo a chiederci dove passeremo: siamo fra due costoni quasi verticali apparentemente impraticabili, poi capiamo ! Una breccia ci porta rapidamente addosso al costone di sinistra (destra orografica), un tornante a destra e siamo, con il sentiero, letteralmente “appiccicati” alla montagna. Dopo un erto gradino e un breve passaggio per una cengia naturale ci rendiamo conto che il lavoro dell’uomo nei secoli ha agevolato quel passo.

Salendo nel bosco

Superate fastidiose roccette il fondo del sentiero, ora scavato nella pietra, migliora toccando alle svolte piccoli, assolati slarghi precipiti. Sull’altro versante s’innalza un bastione del Muro Lungo, una complessa verticalità di terrazzette verdi, ripide ghiaie sepolte da erbe, alberi appesi alle radici. Lo sguardo s’apre sulla valle luminosa e si spinge in profondità sui Simbruini e sulla lunga cresta del Viglio. In alto, blu, solo uno spicchio di cielo nella cornice alberata dei due alti costoni. Sfronda gli alberi un volo rapido.

Sudati ci riposiamo sotto un ombrello di pietra, le pareti vicinissime precipitano nell’angustia del roccioso fosso dove risalgono lungo erbose spallette gigli rossi ed arniche ! Siamo nel punto più stretto della fenditura. Procede ancora il tratturo sotto le rocce, s’innalza secco scalettando, sfiora piante di lamponi, esce dallo stretto, la fenditura s’allarga, s’addolciscono le coste, rinfresca l’aria, s’abbassa l’orizzonte di luce davanti al cammino: fra poco saremo allo scoperto! Arranchiamo ancora su ripidissimi passi e, mentre spianiamo verso l’uscita, intravediamo fra le foglie il sole sui pianori d’altura e sulle rocce sommitali. Lasciamo la valle Fua, una lieve brezza ci ristora, lo sguardo s’espande ed ancora una volta ammira !

Il Murolungo

Lunga, sulla sinistra, troneggia la costa sud del Morrone, s’innalza a destra il cono frastagliato del Murolungo, due magnifiche quinte su un piano verde e sfondo azzurro cupo nel quale spunta la cima dell’Uccettu, il cuore della riserva dei monti della Duchessa. Entriamo nella Valle del Cieco, s’amplia la visuale, monta il sole e spinge sulle nostre facce ondate di luce accecante, sostiamo sotto l’ombra di un isolato faggio dopo aver attinto qualche risorsa da pingui cespi di uva orsina gronda di fresca rugiada, una coppia di falchi s’adagia sulla corrente volteggiando.

La conca è ancora meta di transumanza locale, alcuni rifugi (troppi) assicurano, insieme alla sovrastante fonte Salamone, conforto a pastori e passanti, resti di ampi stazzi testimoniano la vocazione alla pastorizia della civiltà di queste montagne. Sulle tracce di una sterrata assurda che arriva dalla Valle Cesa, ci dirigiamo sotto la costa nordovest del Murolungo lasciando il percorso 2B segnato dal CAI dell’Aquila, attraversiamo il fosso di fondo, superiamo alcuni rifugi e alcune doline e, tirando verso destra, passiamo da quota 1710 m circa a quota 1850 m circa fino ad un’evidente selletta che scopre lo spigolo della parete nord ed il lago della Duchessa.

Giglio Rosso

Il sentiero non ha segni, è poco marcato fra le tante pietre ma il suo intento è chiaro. Vira ancora a destra e si allunga fra i sassi fino sotto la parte esterna (ovest) della parete. Incombe la montagna! S’innalza forte la pendenza, tornanti che si sviluppano rapidi su un terreno umido ricco di fioriture ci aiutano a salire agevolmente di livello poi, mantenendo la quota, dopo aver attraversato colate di pietrisco arriviamo sotto una parete piuttosto ripida che articolata con rocce, piccoli pianori, brecce un po' c’inquieta. Salendo però subito in diagonale, usando continua attenzione nella scelta dei passi evitando al massimo di aiutarci con le mani, usciamo con passo sempre più agevole, quasi a quota 2000m.

Questo tratto del percorso descritto un po’ analiticamente nella speranza di agevolare chi volesse ripeterlo (si può passare tuttavia per altre vie più certe), fa apprezzare da una posizione di privilegio la Valle del Cieco con gli antichi stazzi ed i rifugi sparsi sul manto erboso. La fatica di ogni duro passo viene ripagata dal progressivo espandersi di un vastissimo panorama, sul suolo anemoni appenninici solitari nel vento, macchie di neve in nicchie di terra alimentano splendide fioriture. Sotto un impietoso sole risaliamo il cono finale su tracce incerte fra ginepri striscianti tempestati dal colore dei ranuncoli, delle viole e delle genziane nivali.

Stratificazioni calcaree sotto la vetta

Muto ci osserva il Velino svettante nel frastaglio di mille polveri che il vento solleva lungo i suoi fianchi. Sulla nostra destra, in basso, oltre il verde Jaccio dei Montoni, il bordo degli abissi della Val di Teve. Lo spettacolo dalla vetta, già osservato dal Velino, ripaga ogni sacrificio: sono visibili tutte i rilievi dell’Appennino centrale tremolanti nella calura dell’oltre mezzodì, dall’occhio blu del lago, posto 400 metri sotto, risalgono piccoli veli d’umidità lungo la vertigine del monte, richiamati dal silenzioso sibilo di alianti in volo solleviamo di colpo il capo e proviamo un leggero smarrimento. Cauti ci sporgiamo sul balzo fantastico della parete nord del Murolungo, laggiù vediamo l’ampio bacino nevoso del lago le cui alte acque di primavera attraverso un sifone naturale defluiscono verso la Valle Amara cosicché resta invariato il suo livello.

Ci concediamo una colazione leggera ma sostanziosa, un po’ di caffè e, senza che ce ne accorgiamo, iniziamo una lunghissima discussione sui problemi organizzativi del nostro CAI.Passa così molto tempo poi lentamente cominciamo a scendere lungo il crinale orientale, verso la Valle Fredda ma con soste frequenti, continuando a questionare! Indugiamo ancora quando il crinale s’allarga nei pressi di un minuscolo specchio d’acqua nivale, d’un tratto ci rendiamo conto del troppo tempo perso ed allunghiamo finalmente allorché sulla nostra sinistra affaccia tutta la sua grandiosità il “paretone” settentrionale. Lasciamo il sentiero segnato, entriamo nella fossa sotto la parete (quasi 300 metri di salto), vediamo in alto il viottolino che porta alla Grotta dell’Oro sospesa tra rocce (ci dovrebbe essere acqua), in fondo all’invaso glaciale indugia una grande macchia di neve.

Dalla vetta: il lago della Duchessa

La discesa su incerti sentieri fra imponenti ghiaioni è ripida, faticosa, usciamo dall’ombra del colossale costone ed entriamo nel pulviscolo dorato dei raggi del pomeriggio inoltrato. A valle, voltiamo a destra e andiamo a vedere il lago: è un piccolo specchio carsico, di purtroppo putrida acqua (è il “bagno” di cavalli e mucche). E' tardi, risaliamo la costa del Morrone e andiamo a bere alla fonte Salamone. S’abbassa il sole e allunga velocemente le nostre ombre, stiamo azzardando, scegliendo di tornare per la Valle Cesa abbiamo appesantito il già faticoso percorso rischiando il buio.

Scendiamo però rapidi per una comoda sterrata, stringiamo i tempi, un pò intimoriti a volte corriamo, procediamo stretti, in silenzio, s’addolcisce il sentiero, completiamo l’anello all’imbocco della Valle Fua, siamo sopra Cartore, è il tramonto ! Sotto di noi ininterrotte dorsali montane sfumano all’orizzonte fra rosse nebbie, nel cielo turchino sprofonda il sole in immensi bagliori porpora cedendo al crepuscolo, nell’incerto si dissolvono le forme, s’accendono al piano le luci e, nell’improvvisa oscurità, si confondono con le stelle di un cielo senza luna cosicché è perduta ogni dimensione. Una piccola, struggente malinconia s’accende insieme ai fari delle vetture ! E’ buio pesto ed abbiamo fatto appena in tempo a tornare a valle!