header-photo

Monte Sevice (2331 m): salita invernale da Rosciolo

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


All'uscita dall'ultima galleria, di fronte alla Torre di Torano, la sagoma del Velino appare come un fantasma, nel buio della notte appena rischiarata da un principio d'alba. La coltre bianca luminescente ne copre i pendii fino a lambire le campagne ai suoi piedi. Abbiamo fatto male i nostri calcoli ? Sembra davvero tanta neve per tentare l'impresa. Attraversiamo il paese di Rosciolo, ancora addormentato, e proseguiamo verso la campagna assopita nela morsa del gelo, ogni cosa - alberi, case, pietre - ricoperta di brina luccicante.

Salendo lungo la cresta del Sevice

Lentamente, prepariamo gli zaini e ci copriamo abbondantenmente, mentre la prima luce comincia a rischiarare il cielo. Iniziamo la salita lungo la sterrata semi-ghiacciata. Giunti al passo Le Forche, scorgiamo i primi raggi di sole, che fiammeggianti accendono di luce ardente le colline innevate alle nostre spalle. Guardiamo la sommita' del gigante: il vento e' forte e sferza la cresta sollevando in aria mulinelli di neve che sfavillano incendiati dal sole del mattino che sorge alle spalle. Con un po' di incertezza cerchiamo le tracce del sentiero, lasciandoci suggerire la via dalle numerose piste di impronte lasciate da lepri, cingiali e cervi. Man mano che saliamo, la vista spazia verso Fucino e le montagne lontane: il Viglio pesantemente coperto di nevi, gli Ernici, i Marsicani.

In breve siamo al fosso che conclude, in basso, il lungo Vallone di Sevice, lo attraversiamo con fatica, a causa della grande quantita' di neve che vi si e' accumulata. Risaliamo al di la', spostandoci sul crinale, dove il sentiero sale a svolte fra piante di ginepro. Con non poca fatica, ci avviciniamo alla prima fascia di rocce che sovrasta il sentiero, dove inizia il bosco vero e proprio. Iniziano i problemi: i pendii sovrastanti sono completamente ghiacciati nonostante la quota non eccelsa, la pendenza e' significativa e cosi' decidiamo di fermarci a calzare i ramponi. L'operazione viene compiuta in silenzio, quando un tonfo improvviso ci fa sobbalzare: un grosso masso si e' staccato dalla parete di roccia alle nostre spalle e si e' piantato ai suoi piedi, meglio non indugiare troppo in questo posto! Procediamo sul ghiaccio solido, lungo brevi ma avvincenti traversi: i passi sono lenti e studiati, quasi una danza leggera e silenziosa, accompagnata solo dal rumore delle punte che si conficcano scricchiolando nel ghiaccio cristallino.

In vetta

Pian piano attraversiamo le ultime fasce di bosco, proprio al limite superiore, alzando lo sguardo, scorgiamo sopra di noi un gruppo di cervi che attraversa il fianco del Sevice, ci hanno visto, ma non sembrano preoccupati della nostra presenza. E' qui che prendo la decisione che influenzera' il destino della nostra escursione; si, perche' siamo venuti per salire sul Velino ma il mio allenamento e' ben lontano dall'essere adeguato a tale ambizione: il Vallone che sale alla Capanna di Sevice mi sembra troppo ingombro di neve ed ora il sole comincia a scaldarlo, non me la sento di affrontare una lunga marcia nella neve molle, mentre a destra vedo il crinale che sale direttamente alla vetta del Sevice, la via per raggiungere la cresta sembra ben piu' attraente, un moderato pendio di sassi cementati dal ghiaccio. Non indugio ulteriormente e decido di salire in quella direzione.

La via si rivela ben piu' impegnativa del previsto, il fondo e' ghiacciato e disseminato di pietre non sempre stabili. Lavoriamo molto con la piccozza, per dare stabilita' ai passi. Con grandi acrobazie, e sempre meno forze, ci avviciniamo alla cresta: guardando in basso scorgiamo un'altra coppia di escursionisti che sembrano altrettanto dubbiosi, ci gridano qualcosa che risulta incomprensibile nel sibilio del vento, ma ha l'idea di essere una domanda ... rispondo "andiamo in cresta !" e proseguo.

Veduta sui Monti della Duchessa

Finalmente riusciamo a scavallare sul crinale, tra grosse rocce velate di ghiaccio: ora siamo al sole, ma la situazione e' tuttaltro che confortevole, un vento fortissimo soffia da nord-ovest, lo stesso che vedevamo sollevare in aria vivaci mulinelli di neve di primo mattino. Siamo costretti quasi subito ad indossare i piumoni, la temperatura effettiva deve essere abbondantemente sotto lo zero e a poco serve il calore offerto dal pallido sole di gennaio.

Fino a poco prima non lo immaginavo, ma questa sara' una delle salite piu' impegnative che possa ricordare: il vento non ci lascia tregua, sferzandoci con violenza, le forze sono ormai agli sgoccioli e non siamo che a meta' del pendio. Il fianco sinistro dei miei pantaloni, precedentemente bagnato e intriso dalla neve soffice, si e' ora trasformato, sotto l'azione del vento, in un blocco di ghiaccio! Procedo di pochi passi alla volta, fermandomi poi accasciato sulla piccozza come nella migliore tradizione himalayana: ad un certo punto decidiamo di fermarci al riparo di alcune rocce, per mandare giu' qualche boccone. Sotto di noi sono spuntati i due personaggi che sembravano seguirci, evidentemente ritengono che la nostra via sia logica, non hanno idea dell'assoluta irrazionalita' che mi ha condotto in quella direzione. Riprendiamo il cammino, a fatica, avvicinandoci alle grandi rocce che difendono a sud la vetta del Sevice.

Sotto la cresta del Sevice

Ancora una volta decido di cambiare direzione, invece di puntare verso le rocce, traverso a destra, in direzione del Costognillo e del Velino. Non ricordo bene il motivo di questa decisione, probabilmente pensavo di non riuscire ad arrivare in vetta al Sevice, e quindi mi lasciavo la possibilita' di aggirare la cima in direzione del Costognillo, cosi' da poter ridiscendere verso la Selletta dei Cavalli, anziche' ripetere il tormentato percorso dell'andata.

Sul traverso ci muoviamo su neve fonda, che rende ancora piu' penoso l'incedere, ma in compenso il panorama e' spettacolare: siamo in mezzo ad un pendio immenso, bianchissimo e sfavillante nel sole di mezzogiorno. Il terreno sfugge ripido sotto i nostri piedi, verso le rocce e l'imbuto del Vallone della chiave, ma la nve fonda da' sicurezza ai nostri passi. I due ci seguono anche sul traverso, e pian piano si fanno piu' vicini, anche perche' noi procediamo a passo di lumaca sperando che la montagna ci venga incontro.

La vetta adesso appare piu' vicina, abbastanza da infondere quel coraggio supplemntare indispensabile per compiere l'ultimo sforzo, ben piu' grande delle nostre disponibilita'. Senza guardare il pendio ripido sotto di me, prendo a salire dritto per dritto, seguendo una linea immaginaria, delineata dai pochi massi che emergono dalla neve fonda. Ancora uno sforzo, e siamo in vetta! La croce di vetta e' incrostata di ghiaccio e la temperatura e' glaciale.

Mi sento completamente svuotato di forze, ma lo spettacolo intorno e' impareggiabile: il Velino ci guarda beffardo, sara' per un'altra volta ?!