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Il Monte Tarino (1961 m) a Maggio

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


Dopo un’ora di viaggio entriamo nel vasto altipiano di Arcinazzo lasciando sulla sinistra le rovine di una villa romana . Inaspettato, sorprendente lo spettacolo alpino, sullo sfondo della verde pianura s’innalza sulla sinistra la “coda” dei Simbruini, eccolo il Tarino con a fianco il Cotento, di fronte l’affilato ventaglio del Viglio nei Cantari, sulla destra il groviglio di vette degli Ernici con, in primo piano, il Crepacuore. Proseguiamo, dopo il centro residenziale degli altipiani volgiamo verso l’alta valle dell’Aniene. Vediamo in profondità l’Autore, il rosso abisso della “Tagliata” con, sotto, il santuario della S.S.Trinità. Il tempo è migliorato ma restano timori.

La roccia Valisa

Dopo la colazione a Trevi nel Lazio, superiamo la fonte minerale Suria che nasce dalle coste del Faito e per strada sinuosa che costeggia l’Anio “selvaggio”, arriviamo sotto il paese di Filettino. Sembra di stare nel fondo di un imbuto, valloni verdi e freschi restringono la visuale ma la possanza dei monti alita fra il fitto fogliame! Volgiamo per Fiumata verso il vallone dell’Acqua Corore dove sorge e scorre una delle prime vene del fiume. Di colpo davanti a noi, oltre le cime degli alberi, l’aspra roccia dell’anti Tarino. La valle è incassata stretta e silenziosa, l’acqua scorre e scola dappertutto, il sole crea giochi di luce tra le foglie che grondano luminose gocce.

Spicca d’improvviso la roccia Valisa, roccia delle streghe, centinaia di genziane dinariche (presenti fin dai primi di maggio), ricami sull’erba, ci accompagnano fino ad una radura dove, sotto la ripida base del monte, lasciamo la vettura. Non ci siamo annoiati, abbiamo osservato, commentato e scherzato ed ora desideriamo arrivare lassù dove insieme al magnifico panorama, potremo ammirare uno degli ambienti botanici più interessanti dell’Appennino e, sul fianco nord della vetta, l’unico circo glaciale presente la cui morena è sepolta dalla fitta boscaglia sottostante.

Fioritura di Genziana dinarica

Entriamo subito in un vallone non ampio ma profondo, il sentiero a volte ripido nasconde qualche insidia sotto la spessa coltre di foglie, sale veloce, essenziale. L’aria è ferma, calda, l’ambiente solitario, incontaminato, mormorano le foglie sfrondate da    rapidi battiti d’ali. Il fitto bosco lascia poco spazio alle specie vegetali, rari fiori si arrampicano con coraggio su fili di luce, gli incipienti erti costoni sono impraticabili, misteriosi e nella spessa ombra accecanti fari di sole illuminano qualche solitaria radura! Una sosta su un’antica carbonaia, il tempo di ammirare tra un tremolio di foglie le ancora bianche vette del Viglio.

Cede la pendenza, il segno volge a destra, entriamo in un rado bosco di grossi faggi spianiamo su un crinale che apre un altro vallone. Incontriamo la prima neve, superiamo gradualmente pianori sovrapposti, avvertiamo l’uscita del bosco che lasciamo dopo un breve calpestio di freddi banchi di neve in fusione. Il passaggio d’ambiente è repentino, sfolgorante. Ci accoglie alla sella del vallone, in un profondo catino d’erbe, un limpido specchio d’acqua alimentato da nevai, trapuntato da raggi trasversali. Intorno un’esplosione di blu e bianchi crochi, viole e genzianelle (1750 mslm).

La sella fra Tarino e Tarinello

L’ampia base del cono finale del Tarinello s’inarca a sinistra in lucidi prati macchiati di colore, a destra il bosco sale a morire tondeggiando su un prato, sullo sfondo, fra gli ultimi faggi appena gemmati, il robusto sperone del Tarino. Una breve pausa, “annusiamo” l’aria fresca, un sorso alla borraccia e stabiliamo di passare prima per il Tarinello, di costeggiare poi Vado Ciociaro e pervenire infine alla sommità del Tarino.

Siamo soddisfatti, le premesse sono in linea con le attese, il desiderio di vedere cancella la fatica. Il tempo ci sta aiutando, rade nebbie ci fanno respirare coprendo talvolta il sole, la luce intensa taglia i colori con nitidezza, l’ondulato piano sommitale stampa il suo luccicante verde sul cielo blu cobalto.

Narcisi selvatici sotto il Tarinello

Riprendiamo a salire, il breve dislivello che ci separa dalle rocce del Tarinello è un piano inclinato abitato da una incredibile varietà di fiori, una sontuosa coltre colorata. Il cammino si fa d’improvviso lento per il delicato passaggio fra grandi cuscini di nontiscordardimé, vaste ceppaie di gialli ranuncoli e viole multicolori da dove spuntano centinaia di narcisi, orchidee gialle, rosa, bianche e porpora, astragali, fitti coaguli turchesi di genzianelle e, fra le pietre, primule orecchia d’orso. I colori calamitano lo sguardo, è difficile non calpestare !

Cerchiamo di aggirare questo splendore strisciante fra erbe e ginepri nani, tocchiamo la cima camminando sui sassi quando repentina s’apre sotto i nostri piedi, insieme al volo di una poiana, la profonda, verde conca del paese di Vallepietra. Sull’altro versante il santuario della Trinità. Volgiamo ad est, camminiamo nel fianco nord del Tarinello, sopra il Pozzo della Neve, ci sporgiamo sul filo di Vado Ciociaro , laggiù la lunga piana carsica di Campo Ceraso sede di eccezionali fioriture di viole a metà maggio, quando estesissimi spessori di giallo e blu prevalgono quasi sullo smeraldo delle erbe di primavera. Rapidamente impegniamo la roccia finale del Tarino, un “segnalino” fiancheggia il circo glaciale sommitale e adduce ardito fra brecce ad una selletta, s’allegerisce il passo, siamo alla vetta ! (1961 mslm).

La vetta del Tarino

L’affaccio a settentrione, pregustato al Vado Ciociaro, è semplicemente straordinario: la cresta del monte incorniciata da residue nevi, scende come una lunga vela di faggi in fiore su Campo Ceraso, ammanta boschi valli e cime sottostanti, si espande, sprofonda nella Piana del Fucino per risalire, lontana, sui contrafforti del Velino, del Sirente, e del Parco Abruzzi.Di fronte lo slancio potente ed elegante del Velino e del Cafornia, in profondità la pala del Sasso, il Corvo, il Prena.

Biancheggiano a nordovest Terminillo e Sibillini, a oriente s’erge il muro della Maiella, alle nostre spalle, vicinissimo e piatto sull’azzurro, il Viglio sullo sfondo degli Ernici. A sudovest, nella bruma, la campagna romana e, più a sud, la valle del Sacco. Candidi vapori di nevi spinti da veloci venti arabescano leggeri la vasta scena con fugaci trasparenti ombre.