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Fosso Vorracchio e Valle della Lepre da Camerata Nuova

[Notizie generali] [Scheda tecnica]


L'odore acre della legna arsa nei camini pervade l'aria, mentre ci incamminiamo sull'asfalto ancora umido di brina, i primi raggi di sole superano la barriera compatta delle montagne, si insinuano fra i muri delle case, donando dolce tepore alle nostre membra intirizzite. Seguiamo una ad una le edicole di una via crucis, poi passiamo in silenzio il cimitero; più in là la strada si fa sterrata, si insinua fra gli alberi ancora scuri, la temperatura scende.

Controluce nel bosco

Ai fianchi del sentiero sfilano le stalle ed i campi coltivati, ornati da siepi di rovi e biancospino; saliamo a svolte, fra aceri e carpini neri, cerri e noccioli, superiamo un cippo in pietra, rimasto a segnare l'antico confine fra Stato Pontificio e Regno di Napoli (vi sono incisi da un lato le chiavi di San Pietro, dall'altro il giglio dei Borboni), poi pieghiamo verso destra, paralleli al pendio boscoso, risaliamo su terreno scavato dalle acque superficiali, aggiriamo una grossa "morra", al centro del sentiero, poi pieghiamo nettamente a sinistra (attenzione: il sentiero sembra proseguire dritto). 

Un'ultima breve e ripida salita e poi il piano, intorno giovani piante si faggio ci suggeriscono la strada: finalmente riusciamo al sole, proprio al margine dei prati si San Bartolomeo, tradizionale luogo di pascolo per gli allevatori di Camerata. Riprendiamo la strada, a mezza costa fra i faggi, a tratti scorgiamo, sulla destra, le case del paese riemergere fra gli alberi.

I meandri del Vorracchio

Si cammina veloci, il fondo è piacevole, in breve siamo a delle radure, la strada si insinua fra rigogliosi cespugli di rosa canina, lasciamo il cammino principale (che prosegue verso Cervara) e ci dirigiamo sulla sinistra (sud), attraverso una successione di prati, seguendo labili tracce lasciate dal continuo passaggio degli animali al pascolo.

E poi ancora nel bosco, in breve salita verso est fino ad una selletta; giunti in cima al valico, uno strano movimento attrae lo sguardo: macchie bruno scuro si allineano pigre ai margini del bosco, sono cinghiali, scorrono con fragore, rivoltando sassi e spezzando rami, ogni tanto qualche grugnito; meglio non avvicinarsi ed attendere il loro passaggio al riparo di alcune rocce.

La parte alta del vallone di Vorracchio

Dopo alcuni minuti ripartiamo, spariti ormai i suini; di fronte si apre un grosso invaso recintato, per l'abbeverata degli animali, scendiamo nella vallata davanti a noi, solcata nel centro dallo scorrere invisibile del fosso Vorracchio, un corso d'acqua, come molti in questa zona, a carattere periodico e torrentizio. Il sentiero segue i meandri tortuosi del rivo, insinuandosi tra la faggeta a destra ed una magnifica abetaia (un antico rimboschimento) sulla sinistra, il contrasto è suggestivo: da un lato riflessi d'oro e ruggine del fogliame di faggio annunciano l'imminente arrivo dell'inverno, dall'altro il verde profondo delle conifere rievoca immagini dell estate appena trascorsa.

Proseguiamo a tratti su una sponda, a tratti sull'altra, ascoltando il gracchiare delle ghiandaie che si inseguono nel folto degli alberi. Superata la parte più stretta del vallone, la vista si apre sull'altopiano, costellato di cocuzzoli e doline create dall'incessante azione dell'acqua, sulla destra scorgiamo le alture di Campaegli, il Monte Castellamato ed il Monte Pelato;

Faggeta della Valle della Lepre

risaliamo la valle sino ad una sterrata, proveniente da destra, che si inoltra nella boscosa Valle della Lepre. Ora siamo nella faggeta, su un morbido e frusciante tappeto di foglie secche, seguiamo tracce sempre più incerte, di lontano un leggero tremito, intermittente: un picchio perfora la corteccia di un albero, in cerca di insetti xilofagi. Il sole filtra a tratti dal fitto tetto della foresta, un odore fungino aleggia nell'aria, è il sapore della terra umida al mattino, del fango e delle foglie marce, il sapore dell'autunno.

Ora il sentiero si fa davvero impercettibile, fra radure e avvallamenti nel bosco sempre più fitto, pieghiamo verso nord, intuendo, al di là di modesti rilievi, la piana di Camposecco, seguiamo a tratti delle tracce, pochi segni sugli alberi sembrano indicare la via, usciamo in una radura , presso una paretina calcarea, poi ancora nel bosco, infine in discesa raggiungiamo un vallone quasi pianeggiante che corre parallelo all'altopiano e, più in alto, si ricollega a Campobuffone ed al Monte Calvo.

Altopiano di Camposecco

In breve riconosciamo il paesaggio di Camposecco, deviamo sulla destra, fra modeste elevazioni decorate da contorti speroni calcarei, finalmente siamo al pianoro: di fronte corre la sterrata che ridiscende a Camerata. Osserviamo la distesa dei prati, le piogge autunnali le hanno regalato riflessi di nuovo verdi e brillanti, dopo l'arsura dell'estate.

Di fronte, a chiudere l'orizzonte, la Serrasecca si innalza potente e compatta, ammantata di splendidi colori: i molteplici rossi del bosco, il giallo dei pascoli in quota e, all'apice, una tenue spruzzata di candida neve, la prima della stagione. E' ora di tornare su passi conosciuti, traversiamo la piana in direzione dei ruderi ('Le casette') fino agli invasi per il bestiame, poi verso sinistra (ovest), per un ampio vallone popolato di cavalli al pascolo. Raggiungiamo il bosco al margine del pianoro, poi in discesa fra i faggi, fino alla strada sterrata che conduce alla Madonna delle Grazie.

Gli ultimi boschi prima della discesa

Una piccola sosta e si riparte (il sentiero riprende accanto ad un muretto): qui il paesaggio è molto cambiato, c'è stato il taglio del bosco per gli usi civici ed ora si procede su terreno scoperto, brullo e spelacchiato, la magia di un tempo, le emozioni che si provavano risalendo questa selva folta e misteriosa, piena di tracce e sentieri che sviavano spesso il passo, promettendo chissà quali segreti, sono andate perdute.

Qui c'erano gli scoiattoli, i gufi e le civette, ora si saranno spostati altrove; la consolazione è che, per almeno altri vent'anni, questo fazzoletto di foresta riposerà e tornerà a ricrescere rigoglioso come un tempo, ed allora, tornandolo a visitare, ricorderemo quante volte lo attraversammo da giovani: le mattine di febbraio, lasciando il paese ancora addormentato per cercare lassù l'azzurro del cielo invernale, o le notti di settembre, in compagnia dei pastori, per raggiungere le mandrie al pascolo sulla montagna.

Passata la nostalgia, il cammino prosegue in piano, lungamente, fino al fontanile ed alle prime case di Camerata, non è tardi ma il sole già vuole scomparire dietro le alture che abbiamo attraversato, in breve scendiamo in paese, poco prima dell'imbrunire.