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"Il Babà" a Carsoli

Nel portolano degli escursionisti romani è uno della decina di "ultimi porti" sulle rotte dell'est: dopo, ci sono l'immenso acrocoro e scali d'emergenza. Si esce dall'autostrada a Carsoli, svolta a sinistra, duecento metri a destra, parcheggio ampio e gran bar pasticceria.

Qui si raccolgono le spedizioni, prima dell'ultimo balzo, qui le ciurme si assestano, si placano le cambuse in sofferenza, si consultano gli ultimi verdetti dei telearuspici metereologici, si registrano i livelli. La domenica mattina qui convengono folti equipaggi, bucanieri erranti, cacciatori dalla lingua infallibile, pescatori senza macchia e senza frittura, pantaloni bandati in pausa caffè, congreghe di braciolanti in cerca di materia prima e di siti acconci. Qui nocchieri infedeli scrutano i cieli, tramando dirottamenti verso più confortevoli ascensioni di forchetta (vero, presidente?).

A costoro provvede la capitaneria del porto. I giovani cassieri, fulminei calcolatori di somme e differenze, generosi dispensieri di bombe, ciambelle, fagottini e intere famiglie di cornetti (semplici, integrali, alla crema, alla marmellata, ecc.) a chi ha acquisito diritto al resto. Cordialmente allegri e certamente fiduciosi in un domani migliore, come prova anche la esibita fede calcistica interista. Le giovani bariste - sempre aggraziate, anche quando dismettono i vezzosi cappellini luminescenti delle feste natalizie - in nulla sprovviste della propria dotazione, operano la magia del bancone: quando un plotone d'avventori satollo di "lieviti" s'avanza compatto, d'incanto fioriscono chicchere, tazzulelle, bicchieri, zuccheri e canne, in qualità e numero corrispondenti ai desideri. Questa fioritura avviene al penultimo passo, talché il plotone, ammansito dalla imminente soddisfazione e stupefatto dalla miracolosa corrispondenza alle aspettative, si accosta in tranquilla frenata al bancone anziché arrampicarvisi come pirateria arrembante. Gentilezza, efficienza - non sembra di stare in Italia - s'incontrano con la misteriosa fisiognomica: l'arte di distinguere una faccia "al vetro" da uno sguardo "macchiato caldo" o da un capello "lungo in tazza fredda".

Fin qui il prodotto caratteristico è il servizio: customer satisfaction. Ma dagli anfratti della pasticceria esce fuori l'impronta della montagna: una cassatina alla ricotta di pecora, che sulla tradizione moresca originaria innesta la cremosità e i sentori di pascolo appenninico della materia prima locale. Insomma, un dolce d'importazione come tanti, ma con l'imprinting della montagna carseolana. Altamente sconsigliata come viatico prima delle escursioni, è tipico dessert 'da celebrazione': come per la pelle dell'orso, mai mangiare la cassatina prima di aver raggiunto la cima.