La Locanda del Lago a S.Stefano di Sessanio (AQ)
La montagna cambia. Tanti anni fa, durante una battuta di caccia al "marcetto" (il formaggio "che ha camminato"), con il compare sostammo ad un laghetto, sotto Santo Stefano di Sessanio. In una trattoria che due vecchine ultraottantenni conducevano impavide. Andò per gli "strozzapreti". Dopo una ventina di minuti, s'avanzò, il tonacone antico e i capelli lisci sul cranio calvescente, un prete di mezz'età, in man recando due generosi piatti di "strozzapreti". Certificazione inequivoca, corroborata dal palato. Uscimmo grati d'essere entrati in una sceneggiatura felliniana.
Adesso una vecchina non c'è più, l'altra dicono che si è rimpicciolita, la immagino diafana, di fragilissimo cristallo.
La mano è passata alle generazioni successive. Che innovano nella fedeltà alla materia locale. I montepulciani regionali, per ogni tasca ma sempre buoni. Gli antipasti moltiplicano gli sfizi senza rinunciare al tocco di "marcetto", al salamino rettangolare o alla coratella. Tra i primi compaiono gnocchetti di patate allo zafferano e ceci (con lieve dadolata di pomodoro che non vince la dominante cremosità) e si recuperano le castagne. Ma non si dimenticano le lenticchie con i crostini, vanto locale. Tra i secondi arrivano gli arrosti suini in gradevole salsa di meletta, ma torna l'agnello al forno scrocchiarello e morbido (finalmente, dopo la riduzione in tutta la ristorazione appenninica alla sola, pur onorabilissima, cottura alla brace). E le patate che son patate.
E' cambiato il paese, ieri morente oggi albergo diffuso e luogo di successo. Girano amanti dell'angoletto agghindato e della bifora, internettisti stranieri (what is coratella?), degustatori urbani di ambient paesano ripulito dalle sue durezze, bikers invece di ciclisti operai, membri di logge enoiche di rito sommeliere e accettato al posto dei passatellari.
Innovare lavorando sulle materie locali è un modo per salvarsi (e scampare alle "linguine allo scoglio" di Campo Imperatore). Speriamo che duri.